L’Iran punta all’Africa e ignora l’Occidente – Il presidente iraniano Raisi ridimensiona le relazioni con le potenze occidentali mentre consolida l’impegno e stringe accordi con vari Paesi africani, per incassarne il supporto in sede Onu ed evitare sanzioni.
Nel corso degli ultimi due anni, mentre gli Stati Uniti e l’Unione Europea si sono dedicati al riavvio dell’accordo nucleare iraniano del 2015, Teheran ha deciso di consolidare il proprio approccio di politica estera non occidentale. In coerenza con questa direzione, il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha intrapreso un viaggio in tre Paesi africani a metà luglio 2023 (Kenya, Uganda e Zimbabwe), segnando la prima volta che un presidente iraniano intraprende una visita di tale portata da oltre 11 anni. L’impegno con l’Africa sarà uno dei principali obiettivi della politica estera durante l’amministrazione Raisi.
Tuttavia, questo non rappresenta la prima volta che l’Iran adotta un approccio simile verso il continente. L’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad ha attuato una politica simile dal 2005 al 2013, sebbene senza conseguire risultati significativi. Ciò solleva l’interrogativo se, a distanza di dieci anni, la politica africana di Raisi si dimostrerà più efficace.
Le radici di questo rinnovato impegno con l’Africa risiedono nel periodo successivo all’insediamento di Raisi nel 2021, durante il quale la leadership iraniana ha perseguito una strategia deliberata di rafforzamento dell’approccio di politica estera non occidentale. Raisi ha iniziato promuovendo relazioni più strette con Russia, Cina e Paesi dell’America Latina. A differenza della presidenza di Ahmadinejad, questa volta le potenze non occidentali hanno accolto con favore il cambiamento di politica estera di Teheran. L’Iran ha ottenuto l’adesione permanente all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, e il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha affermato che i membri del gruppo BRICS delle principali economie emergenti sono concordi nel sostenere l’adesione dell’Iran.
Inoltre, il sostegno in sede Onu dei Paesi africani è indispensabile ai mullah per evitare condanne e sanzioni. Il commercio tra Iran e Africa ha raggiunto 1,8 miliardi di dollari USA nei primi dieci mesi del 2023, registrando un aumento di valore del 22,4% su base annua. Il Sudafrica è il principale partner commerciale con un aumento del commercio fino al 33,81%, seguito da Mozambico e Ghana. Costa d’Avorio, Gibuti, Algeria, Egitto, Mauritania, Kenya e Tanzania sono le altre principali destinazioni commerciali.
Negli ultimi tre anni, l’Iran ha aumentato il numero di delegazioni commerciali in Africa, ha organizzato numerose mostre e ha tenuto diversi incontri della Commissione economica congiunta. Inoltre, come sottolinea l’analista Gauri Narain Mathur, l’Iran ha anche creato una serie di centri commerciali in tutta l’Africa nel 2023, due centri commerciali iraniani verranno creati in Uganda e Tanzania e una Technology House in Kenya. L’Organizzazione iraniana per la promozione del commercio ha anche istituito un ufficio generale per gli affari africani in Iran.
Allo stesso tempo, Teheran ha cercato di ridimensionare le sue relazioni con le potenze occidentali, minimizzando l’importanza del Piano d’azione globale congiunto (JCPOA), noto come l’accordo nucleare del 2015. Un elemento chiave di questa strategia è stata la dichiarazione di Raisi durante la campagna presidenziale del 2021, in cui ha enfatizzato che il progresso del Paese non sarebbe stato fermato in attesa del riavvio del JCPOA. Questa tattica è finalizzata a sottolineare l’opinione del governo secondo cui l’Occidente è in declino e non sarà in grado di ostacolare gli sforzi dell’Iran per perseguire il suo programma nucleare o eludere le sanzioni occidentali. Quest’approccio, in realtà, riflette una scelta ponderata della leadership iraniana, influenzata dalla sua percezione della politica estera del presidente Joe Biden.
Negli ultimi due anni, i funzionari statunitensi hanno pubblicamente criticato il ritiro americano dal JCPOA nel 2018, affermando che la politica di “massima pressione” di Donald Trump è stata un fallimento. L’amministrazione Biden ha cercato di dimostrare la propria buona volontà nel persuadere l’Iran a riavviare il JCPOA. Tuttavia, questo segnale, unito alle inefficienze nell’applicazione delle sanzioni, ha incoraggiato le autorità iraniane ad aumentare l’elusione delle sanzioni e ha convinto i Paesi non occidentali che il dialogo con l’Iran potrebbe avere scarso impatto. Questo ha spinto l’amministrazione Raisi a investire nuovamente nell’impegno con l’Africa, sperando che questa volta, a differenza di Ahmadinejad, i suoi sforzi porteranno a risultati concreti. In questo contesto, non sorprende che il governo iraniano abbia descritto il viaggio di Raisi in Africa come un segnale chiaro della volontà di Teheran di perseguire una diplomazia che supera un “accordo specifico”, inteso come l’accordo nucleare, con l’obiettivo di ottenere risultati significativi.
La Repubblica islamica mira a sottolineare che il mondo non si limita all’Occidente e che l’Iran può ampliare i suoi legami con “Paesi indipendenti”, come dichiarato nel 2022 da Alireza Peyman Pak, capo dell’Organizzazione per lo sviluppo commerciale e viceministro della Sicurezza. Di conseguenza, l’Africa è nuovamente emersa come un polo attrattivo che può assistere l’amministrazione Raisi nel rafforzare la sua politica estera non occidentale. E a finanziare gruppi terroristi o fazioni separatiste e antioccidentali. Nel 2021, cinque individui affiliati a un ramo del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana (IRGC) sono stati arrestati in Ghana, Senegal e Tanzania. Questi individui, reclutati dalla Forza Quds, un’ala dell’IRGC, erano sospettati di pianificare attacchi contro uomini d’affari e turisti in safari.
Gli arresti sono stati resi noti dalle autorità a novembre, anche se la data esatta degli arresti non è stata specificata. Nel corso del 2021, è stata la seconda volta che complotti terroristici iraniani sono stati prevenuti in Africa con la collaborazione delle agenzie occidentali. Inoltre, l’Iran, attraverso Hezbollah, ha sostenuto gruppi radicali in diverse regioni africane, come nel Sahara occidentale con il Fronte Polisario, portando alla rottura dei rapporti diplomatici con il Marocco. L’Iran è coinvolto in attività simili di reclutamento e addestramento di gruppi armati in diverse nazioni, tra cui Camerun, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Ghana e Niger. L’implicazione indiretta dell’Iran nella guerra in corso nella regione etiope del Tigray è stata evidenziata dal fornire almeno due droni da combattimento all’aeronautica etiope, contribuendo agli attacchi che hanno causato vittime civili e danni alle infrastrutture.
Dunque, sia gli sviluppi nazionali che quelli internazionali suggeriscono che l’impegno di Raisi con l’Africa ha maggiori probabilità di dimostrarsi persistente e di successo. Nel breve termine, il regime può trarre vantaggio dalla sua nuova focalizzazione sul continente in due modi: innanzitutto, attraverso l’espansione del commercio, che oltre a promuovere le relazioni economiche con altri Paesi non occidentali, assume un ruolo cruciale nel salvaguardare l’economia iraniana dall’inevitabile collasso sotto le sanzioni occidentali. Sebbene tale cooperazione possa non essere sufficiente per affrontare appieno la crisi economica, svolge un ruolo fondamentale nel prevenire un collasso più ampio e catastrofico dell’economia, obiettivo di vitale importanza per i leader del regime. In secondo luogo, l’incremento degli scambi commerciali con i Paesi africani potrebbe risultare determinante nel facilitare gli sforzi iraniani per normalizzare la cooperazione economica con alcune nazioni non occidentali, nonostante le sanzioni statunitensi.
Con l’ampliamento rapido del commercio con l’Africa, la leadership iraniana può guardare con ottimismo a replicare tale successo con altri Paesi. Questo potrebbe alla fine consolidare la convinzione del regime che non esiste un’urgente necessità di accelerare il ritorno al JCPOA o di raggiungere qualsiasi accordo con l’Occidente. Ciò rafforza l’idea della leadership iraniana che sia l’Occidente, e non l’Iran, ad avere bisogno urgentemente di un accordo.
Souad Sbai