Nei casi di teppismo – distinti dalle esultanze genuine – dopo la partita con la Spagna si inseriscono le “baby gang”, fenomeno che non riguarda solo il Marocco bensì una minoranza violenta di figli d’immigrati dai Paesi arabo-musulmani. Il loro risentimento è alimentato da chi flirta, come la sinistra, con l’Islam politico, generando nuove lotte di classe.
Prima dell’inizio di Marocco-Portogallo, una riflessione è più che mai opportuna per inquadrare adeguatamente i disordini avvenuti a Milano a seguito della vittoria della nazionale marocchina contro la Spagna ai Mondiali di calcio che si stanno svolgendo in Qatar.
La freschezza, la concentrazione, la convinzione nelle proprie capacità, sono il tratto caratteristico dei “Leoni dell’Atlante”, come sono stati definiti i calciatori della nazionale. Ma il loro successo travalica l’ambito sportivo, poiché è il segno di una crescita significativa da parte del Marocco che riguarda nel complesso i giovani della nuova generazione, capaci anche in campi ben più seri e rilevanti, come quello politico, diplomatico, accademico e culturale, di operare proficuamente e con successo a livello internazionale. La gioia e l’orgoglio che i marocchini hanno manifestato nelle piazze di Rabat, Casablanca, Marrakech, così come in varie città d’Italia e del resto d’Europa, andrebbero dunque compresi nella loro dimensione positiva di tifo autentico, il tifo che concede momenti di distrazione dalle difficoltà e dalle pesantezze della vita quotidiana. È bello vedere esultare donne, uomini, anziani e bambini, come accaduto più volte con la nazionale italiana.
Tifo e basta, dunque. Da tenere separato e ben distinto dal teppismo che purtroppo ha rovinato la festa, per tutti, a cominciare dal Marocco come Paese e dai marocchini in Italia. Non siamo in realtà di fronte a una novità assoluta, c’era infatti da aspettarselo. È il fenomeno delle “baby gang” che colpisce ancora, come già lo scorso Capodanno in Piazza Duomo, come sui treni e nelle strade del Nord Italia. Le sfilate dei (veri) tifosi marocchini (e non) era un’occasione troppo ghiotta per non approfittarne, creando caos e tumulti. Si tratta di un’importante minoranza violenta di ragazzi, ma qual è il motore che li spinge? Invece di esprimere serenamente la propria contentezza, così come vorrebbero il calcio e lo sport in generale.
Non è detto che fossero solo marocchini, il problema riguarda infatti più ampiamente i giovani figli d’immigrati dai Paesi arabo-musulmani, il cui percorso d’integrazione è deragliato per finire sulla sponda della criminalità e della violenza. Mancanza di educazione e lavoro? Non semplicemente. Quello che esprimono è odio e risentimento, cattivi sentimenti che non costituiscono semplicemente un retaggio del passato, ma sono alimentati appositamente da chi dell’integrazione è nemico, perseguendo l’obiettivo d’innescare il conflitto contro alcuni Paesi europei. Quanti, sui social media, sia dal versante della Fratellanza Musulmana che dei salafiti (in Italia), hanno inneggiato alla “riconquista dell’Andalusia” dopo Marocco-Spagna, o alla rivincita del colonizzato musulmano sul colonizzatore infedele dopo Tunisia-Francia, facendo di Arabia Saudita-Polonia una questione di religione, vanno annoverati tra coloro che si prefiggono esattamente l’obiettivo d’incitare ideologicamente a una nuova “lotta di classe”, persino con una dimensione etnica e di cui le “baby gang” organizzate sono l’espressione violenta e distruttrice.
In questo, non vanno omesse le responsabilità e le connivenze di una certa sinistra, che da un’altra prospettiva continua a dare manforte al radicalismo, direttamente o indirettamente, consapevolmente o meno. Il divieto del maxischermo per Marocco-Portogallo testimonia tutta l’inconsistenza della gestione dell’ordine pubblico targata PD del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che con il cosiddetto “Islam politico” ha già avuto più di un flirt. Mentre l’immigrazionismo à la Boldrini, per non nominare Soumahoro, continua a offrire sponde e giustificazioni a un revanscismo mal riposto, che genera automaticamente lo scontro invece dell’incontro, remando in una direzione opposta a quella dell’integrazione.
L’insistenza del tutto strumentale e pretestuosa sul presunto pericolo rappresentato dal nuovo governo di “destra”, infine, completa l’opera che è andata in scena in Piazza Gae Aulenti. Non è pertanto vietando la trasmissione pubblica della prossima partita, invece di svolgere un’efficace attività di prevenzione, che si risolve un problema che investe pienamente anche l’ambito politico. Dispiacciono allora alcune chiavi di lettura particolarmente pregiudiziali e stereotipate, che sono emerse nei confronti del Marocco e dei marocchini in Italia. Seguire certe narrazioni significa fare il gioco di chi dallo sviamento delle seconde generazioni ha tanto da guadagnare e questo non è nell’interesse dell’Italia e degli italiani.
Guardiamo al prosieguo dei Mondiali con serenità, perché il calcio resta solo uno sport. E che vinca il migliore.