Mohammad Al Jolani, il leader di Hayat Tahrir Al Sham, gruppo armato dominante nella provincia di Idlib, nemico di Assad, si presenta al mondo come interlocutore affidabile e democratico. Dietro la sua forza e la sua immagine c’è la Turchia di Erdogan. Ma all’origine del suo gruppo armato c’è un nome agghiacciante: Al Qaeda.
L’abito non fa il monaco, ma può trarre in inganno ed è ciò che spera Mohammad Al Jolani, il leader di Hayat Tahrir Al Sham, il più potente gruppo jihadista rimasto in Siria, padrona della città di Idlib e dintorni. Nell’ultimo bastione dell’opposizione anti-Assad, Al Jolani regna come fosse un emiro, tenendo a bada il nugolo di gruppi jihadisti minori che animano la provincia grazie alla superiorità in termini di forza militare (armi) e di numero di miliziani, di cui continua a godere quella che fu Jabat Al Nusra, designata organizzazione terroristica da ONU e Stati Uniti per il legame filiale con Al Qaeda. A supervisionare la creazione di Jabal Al Nusra fu infatti lo “Stato Islamico in Iraq” prima che tagliasse il cordone ombelicale qaedista, estendendo il proprio raggio d’azione in territorio siriano e diventando quel che ancora oggi è l’ISIS.
Giova ricordare le origini di Hayat Tahrir Al Sham, per comprendere appieno la portata e gli obiettivi del suo “rebranding”, come è stato definito, avviato già con il cambio di denominazione e l’annuncio della fine di ogni rapporto con Al Qaeda. Ciò ad oggi non è valso la rimozione dalla lista delle organizzazioni terroristiche di ONU e Stati Uniti, eredità ricevuta da Jabat Al Nusra, ma non è certo il caso di demordere. Anzi, le circostanze attuali devono sembrare così favorevoli da aver indotto Al Jolani a un rilancio in grande stile dell’operazione d’immagine. Eccolo dunque al fianco del giornalista statunitense, Michael Smith, prestatosi ˗ spinto da chissà quali motivazioni ˗ nel ruolo di spalla e trampolino di lancio mediatico della versione “occidentalizzata” del leader di Hayat Tahrir Al Sham durante un incontro svoltosi a Idlib.
La notizia è stata dato dallo stesso Smith su Twitter. “Sono appena tornato da tre giorni a Idlib”, ha dichiarato, come se avesse passato un piacevole weekend in una nota località turistica. Per l’occasione, Al Jolani ha assunto una posa da attore consumato: sguardo penetrante, espressione del volto ammiccante e una giacca con taglio all’ultima moda. La barba è sempre quella classica indossata dai jihadisti, dell’ISIS o di Al Qaeda indifferentemente, ma cresce la convinzione che sia disposto a far sparire anche quella pur di portare avanti e a compimento il “rebranding” personale e del gruppo di cui è a capo.
Produzione e regia ˗ c’è bisogno di precisarlo? ˗ sono di matrice turca. Al Jolani agisce infatti come luogotenente di Erdogan nella “grande Idlib”, che è adiacente alla fascia di territorio nel nord della Siria controllata, se non ormai annessa, da Ankara, lì presente in maniera massiccia con truppe, caterpillar per la ricostruzione e Ong islamiste. L’operazione d’immagine serve a imporre una nuova realtà: Al Jolani non è più un terrorista, ma un uomo politico adesso e Hayat Tahrir Al Sham è sulla via della tramutazione in un partito simile all’AKP di Erdogan; pertanto, devono essere riconosciuti e legittimati come interlocutori ufficiali, così da dare maggiore voce in capitolo alla componente islamista nel quadro dei negoziati sul futuro assetto della Siria.
E’ difficile nutrire dei dubbi sul fatto che dietro la maschera da agnellino indossata da Al Jolani si nasconda il lupo malvagio di sempre. Ma certamente di buon auspicio è l’esempio del libico, Abdelhakim Belhadj, passato da jihadista anch’egli di matrice qaedista, a interlocutore privilegiato di Hillary Clinton dopo la caduta di Gheddafi. La missione di Smith e la photo opportunity con Al Jolani a Idlib rappresentano un messaggio diretto alla nuova amministrazione democratica di Joe Biden, appena insediatasi negli Stati Uniti? Tentar non nuoce e le chance di successo non mancano. Belhadj, che attualmente risiede guarda caso a Istanbul, docet, ma a ben vedere uno spiraglio per lo sdoganamento di Hayat Tahrir Al Sham è rimasto sempre aperto in Europa.
Germania e Italia (!) non hanno mai designato né Jabat Al Nusra né Hayat Tahrir Al Sham come organizzazioni terroristiche, temendo molto probabilmente d’inimicarsi Erdogan e lo stesso gruppo jihadista, mentre un accordo per depennare il gruppo dalla lista nera di Francia e Gran Bretagna potrà rientrare tra i tanti compromessi in lavorazione con la Turchia nel Mediterraneo e in Medio Oriente, che rischiano di legittimarne le ambizioni nell’area.
Comunque vada, Erdogan continuerà a godere d’Idlib quale gioiello più prezioso del suo feudo islamista nel nord della Siria. Damasco ha rinunciato alla riconquista del territorio e la Russia a sostenere l’alleato in tal senso. D’altro canto, l’Occidente, incapace di esercitare qualsivoglia forma di pressione efficace, si è da tempo rassegnato al protettorato turco come un fatto ormai compiuto. Sfide e pericoli concreti per il predominio di Hayat Tahrir Al Sham non sono dunque all’orizzonte e c’è da scommettere che Al Jolani conserverà a lungo il comando, a prescindere dagli abiti che indosserà.
di Souad Sbai