I Fratelli Musulmani praticano una forma di manipolazione ideologica per conquistare le coscienze del mondo arabo e per diffondere la loro ideologia estremista in Europa attraverso gli immigrati della stessa fede. L’obiettivo è la conquista del potere, l’unico e supremo traguardo di tutte le culture autoritarie, basate o meno sulla religione.

Quanti hanno studiato la Fratellanza Musulmana, una setta nata all’inizio del ‘900 dalle idee politiche e religiose del fondatore Hasan Al Banna, di questo sono già a conoscenza. Ma certamente gli occhi di tante altre persone sono stati aperti dal ritrovamento nel 2002, poco dopo la tragedia terroristica delle Twin Towers, di un documento di 14 pagine denominato “Il Progetto” nell’abitazione del banchiere svizzero di origine egiziana, Yusuf Nada, indagato per essere uno dei principali finanziatori di Al Qaeda.

La scoperta ha avuto un’eco tale che l’autore francese Sylvain Besson ha voluto dedicargli un libro, mettendo in guardia circa La conquête de l’Occident (Parigi, Seuil), la conquista dell’Occidente da parte dei Fratelli Musulmani. Il libro, tuttavia, non ha ricevuto né un’ampia diffusione né successo editoriale.

“La conquista dell’Occidente da parte dei Fratelli Musulmani”, l’ultimo lavoro della giornalista e scrittrice Souad Sbai, riporta all’attenzione del pubblico la questione.

Già parlamentare e una vita dedicata alla lotta contro l’estremismo in Italia e in Europa, Souad Sbai conosce molto bene i Fratelli Musulmani, avendo ricevuto ripetute minacce di morte per le sue battaglie per i diritti delle donne. Per la pubblicazione del libro, ha scelto la casa editrice Armando Curcio, mentre il giornalista Gianandrea Gaiani è autore di una prefazione molto intensa.

Nel primo dei sei capitoli, intitolato “Il documento ritrovato”, Souad Sbai spiega che “Il Progetto” si basa su una serie di principi di guerra psicologica. Il più importante è la “taqiyya” o dissimulazione, l’arte di camuffarsi con persone disposte a dialogare allo scopo di diffondere l’agenda estremista. Questo è il caso di Tariq Ramadan, uno dei più grandi ideologi del movimento, nonché nipote di Al Banna. Per la cronaca, Ramadan è attualmente in prigione in Francia con l’accusa di stupro.

Quando “Il Progetto” fu trovato, il banchiere Yusuf Nada mobilitò immediatamente a suo favore i soliti comitati “di sinistra” in diversi paesi europei, che non mancarono di protestare per una presunta persecuzione anti-islamica. Inoltre, Nada abilmente derubricò il documento come opera di qualche accademico, affermando di non ricordare come ne era venuto in possesso.

In realtà, il libro di Besson nel 2005 e, ancor più quello di Souad Sbai oggi, dimostrano che quelle 14 pagine sono un manuale utile e chiaro per l’indottrinamento dei giovani nelle banlieue europee e che i Fratelli Musulmani si avvalgono di organizzazioni caritatevoli, come della sanità pubblica e privata, per ottenere il consenso tra le persone bisognose.

La loro predicazione estremistache in alcuni casi è molto vicina al terrorismo (il presidente egiziano Anwar Al Sadat è stato ucciso nel 1981 da un militare che faceva parte della Fratellanza), immagina una società oscurantista all’interno di un sistema autoritario di tipo socialista. Gli egiziani lo sanno molto bene per aver sperimentato il governo dell’Ikhwan Mohammed Morsi, che riuscì a essere eletto regolarmente come presidente grazie a una massiccia propaganda. Fortunatamente per l’Egitto e l’Europa fu poi deposto, ma l’ideologia e gli scopi della Fratellanza Musulmana non sono ancora stati sconfitti. Basta leggere attentamente il libro di Souad Sbai per rendersi conto anche della situazione in Italia.

 

Souad Sbai, giornalista e politica italiana d’origine marocchina, ha da sempre posto al centro della sua attività temi quali i diritti delle donne, l’integralismo religioso e l’immigrazione. È autrice di numerosi libri fra cui “Il sogno infranto. La nuova Primavera Araba”, “Le ombre di Algeri”, “Da Tunisi a Istanbul”, “Ostaggi dell’integralismo”, “Isis, dietro il palcoscenico dell’orrore”, pubblicati da Armando Curcio Editore. Nel 2016 ha vinto il Premio Letterario Internazionale “Nabokov 2015” per la saggistica con “Isis, dietro il palcoscenico dell’orrore” e nel 2018 riceve un attestato di merito per la saggistica con “Le ombre di Algeri” al “Racconti e Premio Nabokov 2017”.

 

La conquista dell’Occidente dei Fratelli musulmani
Souad Sbai
Editore: Armando Curcio
Collana: Think!
Anno edizione: 2018
In commercio dal: 23 agosto 2018
Pagine: 200 p., Brossura

Euro 14
EAN: 9788868682743

 

La recensione di Lorenza Formicola (da Nuova Bussola Quotidiana)

“[…] Il clima ci lascia intendere che se non verrà disinnescata al più presto, la “questione islamica” si trasformerà in una bomba in grado di far esplodere la società europea”, è così che Gianandrea Gaiani spalanca, con una densa e intensa prefazione , la finestra disegnata da Souad Sbai nel suo ultimo libro I Fratelli Musulmani e la conquista dell’Occidente – edito da Armando Curcio Editore. Non entra certo aria fresca, ma pesante e torbida e faticosamente ripulita da quel politicamente corretto che ha compromesso un dibattito urgente, decapitando il sostrato civile che va lentamente svuotandosi.
 
La Sbai, già parlamentare, da giornalista e scrittrice ci accompagna nel mondo torbido dei Fratelli Musulmani. E nessuno meglio di lei, che li conosce da vicinissimo , avendo ricevuto ripetute minacce di morte per le sue battaglie per i diritti delle donne, può farlo. Il libro si apre all’indomani dell’attentato terroristico delle Torri Gemelle, quando nella casa del banchiere svizzero di origine egiziana, Yusuf Nada, venne ritrovato Il progetto, uno strano documento di quattordici pagine che avrebbe dovuto cambiare l’atteggiamento dell’Occidente nei confronti dell’islam, ma così non è mai stato.
 
Yusuf Nada, indagato per essere uno dei principali finanziatori di Al Qaeda, quando il documento fu trovato, mobilitò a suo favore i soliti intellettuali della sinistra europea che coprirono con il velo della protesta dell’ormai famosa “persecuzione anti-islamica” una importante pagina di storia. Nada se ne lavò le mani, e il documento venne derubricato a mera opera di qualche accademico, aggiungendo anche di non ricordare come ne fosse venuto in possesso. Ma il nostro banchiere e uomo d’affari, oggi ultra ottantenne, è da sempre legato alla Fratellanza Musulmana e con un ruolo marginale. In più occasioni è stato definito lo stratega finanziario dell’organizzazione o il Ministro degli Esteri, e tutt’oggi la figura di Nada rimane comunque rilevante circa la comprensione di alcuni processi e meccanismi d’azione della Fratellanza.
 
Con Souad Sbai sfogliamo Il Progetto, datato 1982, e capiamo subito di essere alle prese con pagine delicate, che rappresentano una vera e propria serie di principi di guerra psicologica. Sconosciuto l’autore, il documento risulta essere un insieme di direttive stilate con cura maniacale: come comportarsi, quali obiettivi raggiungere e con quali modalità perseguire lo scopo ultimo, la conquista dell’Occidente. C’è una frase che non può lasciare indifferente chi si appresta a leggere il testo ed è la stessa da cui parte la disamina dell’autrice, «padroneggiare l’arte del possibile». Nel documento non si trovano giri di parole per descrivere come la metodologia venga applicata e dove. Da trentacinque anni a questa parte la dottrina, sebbene chi di dovere non vi abbia prestato mai troppa attenzione, si è aggiornata adottandosi anche ai nuovi strumenti da internet ai social network. E la cosa non è un dettaglio marginale.
 
Nel volume vengono presi in esame i punti di partenza di questa strategia e si passa dal punto “Conoscere il terreno e adottare una metodologia scientifica per la pianificazione e la messa in opera” al “Conciliare l’impegno politico e la necessità di evitare l’isolamento, l’educazione permanente delle nuove generazioni e il lavoro attraverso le istituzioni” passando per il punto “Impegnarsi a stabilire lo “Stato islamico”. In quest’ultimo è un imperativo a colpire fra i tanti, “studiare i centri di potere locali e mondiali e le possibilità di metterli sotto influenza”. Al punto numero 11 della strategia si trova “Adottare la causa palestinese su un piano islamico mondiale e su un piano politico attraverso il jihad, perché si tratta della chiave di volta della rinascita del mondo arabo di oggi”. Ma è l’infiltrazione nelle società occidentali il principale fronte di questa guerra di conquista che, come la Sbai sottolinea giustamente, si combatte con fiumi di denaro. A cominciare dai media che vengono sponsorizzati direttamente, o indirettamente, dai petroldollari delle monarchie salafite. Per non parlare del mondo politico con Hillary Clinton in testa.
 
Con il cavallo di Troia dell’immigrazione è stata creata una rete fitta di islamici che non hanno alcun interesse ad integrarsi nei paesi che li hanno accolti: e non si parla solo della prima generazione, ma anche della seconda e della terza. D’altronde la nostra Europa è piena zeppa di quartieri che sono sotto il controllo di auto-proclamate polizie della sharia. E non vi è alcun dubbio che questo documento del 1982 sia stato ampiamente aggiornato e circoli, potenziato nella sua pericolosità, fra gli immigrati in Europa simpatizzanti e attivisti della Fratellanza Musulmana. L’autrice ci tiene a sottolineare l’atteggiamento servile delle legislazioni europee, così attente a non urtare la sensibilità delle componenti islamiche. Il che sta facendo in modo, per esempio, di ritrovarci, mentre i Fratelli musulmani mettono in atto le loro “linee guida”, con scuole in Gran Bretagna che stanno evitando di usare “avanti Cristo” e “dopo Cristo” per non offendere gli studenti di altre religioni, e li hanno rimpiazzati con un “era comune” e “prima dell’era comune”. Annullare la storia come è stata scritta finora per costruire un nuovo ordine (mondiale) è quello che l’islam sta facendo sotto gli occhi indifferenti di tutti.
 
Perché Il progetto prevede l’abbattimento di ogni resistenza, di ogni contrarietà: chi protesta discrimina e per questo va socialmente, e contemporaneamente giudiziariamente, colpito in maniera pesante e prepotente. Fin dalla sua fondazione, il movimento dei Fratelli Musulmani provò a reislamizzare il Nord Africa. Fallito quel tentativo (a cui non hanno rinunciato), il wahhabismo si è gradualmente tramutato in salafismo che negli anni Settanta ha iniziato a giocare come prima punta. Fino a quando a metà anni Novanta, ha visto la sua evoluzione finale nel jihadismo.
 
E Souad Sbai, allora, nel suo I Fratelli Musulmani e la conquista dell’Occidente offre una prospettiva privilegiata anche circa le fasi di radicalizzazione a casa nostra. Mostrandoci il “radicalizzato” non come un’entità astratta, ma come un’emergenza del presente. Si tratta di individui che vedono un’esistenza intera “riprogrammata” grazie all’eliminazione delle idee che fino a quel momento si erano consolidate. Studi psicologici accurati hanno spiegato come nella maggior parte dei casi la deradicalizzazione di un jihadista risulti quasi impossibile. Ma, come sopra accennato, per fare proselitismo, radicalismo e jihad, non bastano le idee, serve qualcosa di molto più importante come il denaro. E ce ne vuole tantissimo. Reclutamento degli imam radicali, apertura di moschee fai da te, materiali e beni di prima necessità, soldi per le famiglie, acquisto di qualsiasi cosa faccia al caso di aspiranti jihadisti, sono tutte “attività” che richiedono fiumi di banconote. E il volume, in questo senso, ci fornisce anche i preziosi dettagli di un’inchiesta de L’Espresso, a firma Paolo Biondani e Giovanni Tizian, pubblicata nel giugno 2017. L’inchiesta fornisce dati di estrema importanza, partendo dalle intercettazioni di un kamikaze italiano, che svela come l’isis riesca a movimentare denaro in mille modi, anche su e giù per lo stivale italiano. Si legge: “l’odore dei soldi porta ai santuari del terrore in Siria e Iraq, naturalmente. Ma anche in paesi ufficialmente schierati contro l’Isis come Arabia Saudita, Libano, Egitto o Giordania. Tra Milano e Brescia, in particolare, le indagini stanno ricostruendo movimenti di denaro gestito da integralisti, per un totale di oltre sei milioni di euro. […] Il procuratore Franco Roberti, fin dall’inizio del suo mandato, ha messo la questione dei soldi in cima alle priorità del suo ufficio. «Ma in Italia esiste una rete di finanziatori del terrorismo?», chiedono i due giornalisti a Roberti. Il procuratore – si legge – risponde con un esempio volutamente vago: «Ricordate Salah Abdeslam, uno dei terroristi del teatro Bataclan di Parigi? Dall’analisi dei suoi trasferimenti di denaro, abbiamo ricostruito tutta una serie di collegamenti con persone che vivono in Italia. E da qui, seguendo altri movimenti finanziari, siamo risaliti ancora a nuovi soggetti».” Roberti ovviamente non fornisce i dettagli sulle indagini in corso, ma si evince con chiara evidenza che i soldi girano e mai per caso.
 
Ma non è tutto. La Sbai arricchisce il suo volume portando esempi illuminanti di come la finanza sia un elemento fondamentale nell’avanzata del movimento della Fratellanza Musulmana in Italia: è il commercio, specie al dettaglio, a farla da padrone. Eppure è opportuno tornare alla seconda parte del documento trovato in Svizzera per capire cosa si dice circa la relazione alla strategia finanziaria relativa all’infiltrazione in Occidente dei Fratelli Musulmani. Proprio la Nuova Bussola Quotidiana fu uno dei primi quotidiani ad interessarsi della faccenda e chiese all’autrice de I Fratelli musulmani e la conquista dell’Occidente di interpretarne anche la parte legata al denaro e ai finanziamenti. Si legge, “il progetto punta a fornire degli «sforzi individuali» per ripulire i musulmani dalle transazioni usuraie, e soprattutto a creare degli istituti bancari. Il Lussemburgo è così diventato uno dei principali centri finanziari islamici in Europa, da dove vengono controllate altre società bancarie, come The Islamic Investment House di Londra e la Banca islamica internazionale danese, con sede a Copenaghen. Ciò permette di infiltrare dei membri del Gamaat, a cui il progetto si rivolge, nelle varie attività bancarie, al fine di ricevere donazioni per raccogliere fondi utili al reclutamento di nuove leve: lo scopo è «tenere sveglio» il jihad in tutto il mondo. Tradizionalista e conservatore, il Qatar è stato accusato di fornire aiuti finanziari e logistici ad alcuni movimenti radicali come i Fratelli Musulmani, Daesh e Al Qaeda. Riyadh e i suoi alleati, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Yemen, Egitto e altri Paesi arabi hanno così deciso di isolare il Qatar, interrompendo le relazioni bilaterali e diplomatiche. Il Qatar, secondo le accuse, avrebbe infatti inviato dei fondi ai movimenti Ansar Eddine, Al-Qaeda au Maghreb islamique (Aqmi) e al Mouvement pour l’unicité et le jihad en Afrique de l’ouest (Mujao). E una dozzina di privati, inseriti nella black list del dipartimento americano, finanziano il Fronte Al-Nusra, legato ad Al Qaeda”. E tornando al documento nell’introduzione sta scritto: “Senza alcun dubbio l’aspetto economico è importante per la dawa, poiché deve possedere le fondazioni economiche che forniscono le risorse finanziarie che proteggono dai sussulti sul fronte politico e la rendono meno dipendente dai pagamenti caritatevoli individuali”. Più chiari di così.
 
Con I Fratelli musulmani e la conquista dell’Occidente la Sbai porta i lettori alla scoperta della vera storia delle primavere arabe e del ruolo degli Emirati arabi fino ad una visita guidata esclusiva per i “nuovi califfati”, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia e Caucaso. E se è vero, come spiegano i vari report e le analisi comparate, che difficilmente l’islam riuscirà ad insidiare il cristianesimo nel continente americano, rimane però piuttosto preoccupante l’onda anomala e politicamente efficace, che sta divorando le radici cristiane. L’islam ha ormai fatto un importantissimo passo in avanti verso una mondializzazione più compiuta. La demolizione del nuovo continente è appena iniziata, mentre quella del vecchio, scrive la Sbai, “è già acquisita, custodita in qualche cassaforte zeppa di segreti e inconfessabili connivenze”.

 

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