In Tunisia il referendum costituzionale ha vinto con una bassa affluenza alle urne. I partiti islamici contestano il voto.
Il confine tra astensione e giudizio politico è sempre stato ambiguo e passibile di manipolazione. Lo sappiamo in Italia dove il tasso di astensionismo è ormai vicino alla metà degli elettori, soprattutto quando si tratta di referendum. Il voto tanto atteso in Tunisia per la modifica di una parte della Costituzione che darà maggiori poteri al presidente del Paese ha visto recarsi alle urne, secondo i primi dati non ancora confermati ufficialmente, il 27,5% degli aventi diritti al voto, ma – ci ha spiegato Souad Sbai, ex parlamentare Pdl, giornalista, presidente dell’associazione Acmid donna – “in Tunisia normalmente vota non più del 40% della popolazione. Molti cittadini vivono all’estero, come sappiamo, e non è semplice recarsi a votare. Inoltre bisogna capire come è stata gestita la comunicazione, sappiamo quanto i partiti come Ennhadha e tutta l’opposizione radicale islamista abbia cercato di boicottare il referendum”. Referendum che ha visto una vittoria schiacciante dei sì alla proposta di cambiamento costituzionale, oltre il 90% dei voti secondo le prime stime. “È una vittoria che dice ancora una volta come il popolo tunisino rifiuti l’islam radicale legato al terrorismo della Fratellanza musulmana” ci ha detto ancora Sbai.
I sì hanno vinto al referendum costituzionale, ma l’opposizione del Fronte di salvezza nazionale, formato da 5 partiti, tra cui l’islamico Ennhadha, critica la scarsa affluenza al voto e minaccia ricorsi contro la legittimità del referendum. È una vittoria mutilata?
Assolutamente no, bisogna conoscere la realtà di un paese come la Tunisia. L’affluenza alle urne è sempre stata molto bassa, purtroppo i Paesi arabi devono ancora essere educati alla partecipazione democratica, ma nessuno può contestare la legittimità del voto.
L’opposizione islamista accusa una svolta autoritaria con questo voto.
Non è vero. Anzi, è vero il contrario. Come ha detto giustamente il presidente Saied, chi avesse voluto dire di no al quesito proposto, sarebbe andato al seggio a votare no. Cosa che non è successa: qui siamo davanti a oltre il 90% dei sì. Questa è la democrazia. Il problema dell’astensionismo è qualcosa che attanaglia anche le democrazie europee, lo sappiamo.
Teme che adesso cominceranno manifestazioni, ricorsi, si cercherà di arrivare a uno scontro?
Qualunque fosse stata l’affluenza alle urne, i Fratelli musulmani avrebbero contestato il voto, perché avrebbero perso. Ma non si può più piegarsi al ricatto dell’estremismo islamico, che minaccia attentati se non vincono loro. Saied sta facendo qualcosa di molto coraggioso, ha impostato un percorso forte verso una maggiore democrazia.
Lei ha preso parte alla stesura del quesito referendario: non ci sono scuse per contestarne la validità?
Non voglio prendermi meriti esagerati, ho dato una mano, ma comunque posso assicurare la validità assoluta del quesito, non c’è una virgola fuori della legge.
Quindi è ottimista?
Il popolo tunisino ha capito da che parte è la democrazia, questo purtroppo dà fastidio alla stampa occidentale che contesta questo referendum. C’è paura in Europa, si preferisce darla vinta agli islamisti, ma è un errore gigantesco. Il popolo tunisino ha deciso di non darla vinta ai radicali, questo dovrebbe far capire qualcosa in Occidente. Io che ho rapporti con il mondo arabo che vive in Italia, so che i tunisini sono per il presidente Saied.